L’attrice e comica canadese Claire Brosseau, 48 anni, ha avviato un’azione legale contro il governo del Canada per ottenere l’accesso al suicidio assistito nonostante la sua sofferenza sia legata esclusivamente a disturbi psichiatrici. Il caso riporta al centro del dibattito pubblico i limiti del programma canadese di Medical Aid in Dying (MAiD) e la sua applicazione alle patologie mentali.
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Claire Brosseau è un’attrice e comica canadese che, fin dall’adolescenza, ha mostrato talento artistico e risultati scolastici di alto livello. Era una studentessa brillante nella sua scuola superiore di Montreal, dove si è distinta anche per le attività teatrali. Si è diplomata a soli 16 anni ed è stata ammessa a un prestigioso college di arti drammatiche del Quebec, dove ha studiato recitazione per due anni.
Successivamente si è trasferita a New York, proseguendo la formazione alla Neighborhood Playhouse School of the Theater. Nel corso degli anni ha ottenuto ruoli in musical, film e produzioni televisive, riuscendo a garantirsi una stabilità economica rara nel mondo dello spettacolo. Ha partecipato a programmi come Entertainment Tonight Canada e The Strombo Show e ha lavorato in produzioni cinematografiche e televisive con attori come James Franco e Daniel Stern. Ha inoltre firmato contratti con catene di comedy club, preso parte a spot pubblicitari a Los Angeles e svolto attività di scrittura.
Nonostante i successi professionali, Brosseau racconta una vita segnata da gravi problemi di salute mentale. A 14 anni le è stata diagnosticata la depressione maniaco-depressiva dopo un periodo caratterizzato da abuso di droghe e alcol e comportamenti autodistruttivi. Nel tempo le sono stati attribuiti ulteriori disturbi, tra cui ansia, ideazione suicidaria cronica, disturbi alimentari, disturbo di personalità, abuso di sostanze e disturbo da stress post-traumatico.
L’attrice ha riferito di aver tentato il suicidio numerose volte e di essere stata seguita, nel corso degli anni, da psichiatri, psicologi e counselor in diverse parti del Nord America. Ha provato decine di farmaci, terapie tradizionali e trattamenti alternativi, compresi percorsi con psichedelici guidati, senza ottenere miglioramenti duraturi. In un’intervista al New York Times ha raccontato come, anche durante periodi di lavoro apparentemente felici, fosse sopraffatta da crisi emotive profonde e da un desiderio costante di togliersi la vita.
Il Medical Aid in Dying (MAiD) è il programma canadese che consente a persone adulte affette da una “condizione medica grave e irreversibile” di porre fine alla propria vita con l’assistenza di un medico. Tuttavia, la normativa attuale esclude i pazienti la cui unica patologia sia di natura psichiatrica.
L’eliminazione di questa esclusione era inizialmente prevista per marzo 2023, ma è stata rinviata due volte dalle autorità sanitarie canadesi. In base alla legislazione vigente, l’estensione del MAiD ai disturbi mentali non è attesa prima del 2027. Brosseau ha dichiarato di aver deciso di intraprendere il percorso per il suicidio assistito nel 2021, confidando in un cambiamento della legge che non si è poi concretizzato.
Alla luce dei rinvii, Claire Brosseau ha presentato un ricorso presso l’Ontario Superior Court, sostenendo che l’attuale esclusione dei disturbi mentali dal MAiD costituisca una violazione dei suoi diritti fondamentali. Secondo l’attrice, la normativa sarebbe discriminatoria e le negherebbe “gli stessi diritti riconosciuti alle persone con malattie incurabili” di scegliere quando e come morire.
Nella causa è affiancata dall’ex corrispondente di guerra John Scully, affetto da disturbo da stress post-traumatico. Il ricorso ha ulteriormente alimentato un dibattito già molto acceso in Canada sul suicidio assistito e sui criteri da adottare per valutare l’irrecuperabilità delle patologie psichiatriche.
Il caso di Brosseau divide anche la comunità medica. Gail Robinson, professoressa di psichiatria all’Università di Toronto, ha dichiarato al New York Times di ritenere il MAiD una scelta ragionevole per l’attrice. Pur affermando che “le piacerebbe” vederla cambiare idea, Robinson ha spiegato che la sosterrebbe qualora ottenesse l’autorizzazione al suicidio assistito.
Di parere opposto è Mark Fefergrad, uno degli psichiatri che seguono Brosseau, secondo cui la paziente potrebbe ancora migliorare. “Credo che possa guarire” ha affermato, aggiungendo di non considerare il MAiD “la scelta migliore o l’unica possibile” nel suo caso. Secondo Fefergrad, le richieste di suicidio assistito per disturbi mentali devono essere valutate in modo diverso rispetto a quelle legate a patologie fisiche.
Il procedimento giudiziario è in corso e l’esito potrebbe avere ripercussioni significative sul futuro della legislazione canadese in materia di fine vita.