Le sue ex parlano male di lui su Facebook: chiede maxi risarcimento

Le sue ex parlano male di lui su gruppo online: chiede maxi risarcimento a Facebook

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Le sue ex parlano male di lui e quindi decide far loro (ma anche a Facebook) causa. Nikko D’Ambrosio, 32 anni, ha intentato una causa contro 27 donne e un uomo dopo che il suo nome e la sua foto sarebbero stati condivisi sul gruppo privato Facebook chiamato “Siamo usciti con lo stesso ragazzo”. Il gruppo si descrive come un luogo in cui le donne possono proteggersi a vicenda dagli “uomini tossici”, tuttavia, il leagale di D’Ambrosio sostiene che esistono sottogruppi che consentono agli utenti di attaccare i caratteri degli uomini.

Ex parlano male di lui: sparisce dopo notte d’amore

“Migliaia di uomini sono stati potenzialmente diffamati dai membri del gruppo tramite queste pubblicazioni online e rimangono del tutto ignari degli attacchi a causa dello status privato del gruppo sui social media e dell’elenco dei membri fortemente moderato”, sostiene il legale. D’Ambrosio afferma personalmente di essere stato oggetto di diffamazione e violazione della privacy poiché gli imputati hanno condiviso storie sulle loro esperienze di frequentazione con lui.

Una donna avrebbe postato sul gruppo Facebook affermando che D’Ambrosio era “molto appiccicoso”. Altre però lo hanno accusato di ghosting, ovvero di essere sparito dopo la prima (e unica) notte d’amore. D’Ambrosio ha ammesso di aver incontrato la donna che ha condiviso il post, dicendo che si erano incontrati ad un evento culturale prima di avere rapporti sessuali consensuali. In seguito, ha descritto di aver avuto alcuni appuntamenti “insignificanti” con la donna, ma di “non aver mai avuto una relazione di appuntamenti esclusiva” con lei.

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In risposta ai post della donna, altre donne hanno commentato dicendo di aver avuto esperienze simili con lui. “Sono uscita con lui un paio di volte più di un anno fa, mi ha detto quello che volevo sentire finché non mi sono lasciata e poi è sparito… starei alla larga”, ha scritto una persona. D’Ambrosio ha accusato le donne di aver rilasciato dichiarazioni false e diffamatorie nei suoi confronti, affermando nel processo: “Gli imputati hanno diffuso le loro bugie oltraggiose, crudeli e dannose nei confronti del querelante con la consapevolezza che le dichiarazioni erano false o con sconsiderata noncuranza se o no erano vere.”

Chiesto maxi risarcimento anche a Facebook

Ha anche affermato che i post hanno portato a una “umiliazione personale, angoscia e sofferenza mentale, disagio emotivo, stress, ansia, perdita di guadagni”. “La loro condotta illecita è di carattere così oltraggioso e di grado così estremo che va oltre ogni possibile limite di decenza e deve essere considerata atroce e assolutamente intollerabile in una comunità civile”, si legge nella causa la cui prima udienza è fissata per il 9 marzo. D’Ambrosio ha citato in giudizio gli imputati, tra cui Meta, la società madre di Facebook, per 75 milioni di dollari.

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