Ma davvero i sex toys possono provocare il diabete? Secondo alcuni scienziati la risposta è sì. I giocattoli sessuali stanno aumentando la quantità di particelle di plastica pericolose nei nostri corpi. Le microplastiche provenienti da numerose fonti ingerite e assorbite nel flusso sanguigno e possono causare disturbi metabolici come il diabete. Possono anche interrompere le risposte immunitarie e danneggiare il sistema nervoso, nonché i sistemi riproduttivo e di sviluppo.
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Ora, insieme all’inquinamento atmosferico e al contatto con altre materie plastiche, gli scienziati hanno identificato una nuova fonte di contaminazione, i giocattoli sessuali. Un team della Duke University e dell’Appalachian State University mette in guardia dai possibili pericoli dopo aver scoperto che i giocattoli sessuali contengono anche ftalati che possono influenzare i livelli ormonali e sono presenti in concentrazioni che superano gli avvertimenti dei consumatori statunitensi.
Gli scienziati hanno esaminato quattro tipi di giocattoli sessuali attualmente disponibili: giocattoli anali, perline, doppi vibratori e vibratori esterni. In ordine dal rilascio dal maggior al minor rilascio di micro e nanoplastiche, i risultati hanno rilevato che il giocattolo anale ha rilasciato il maggior numero di particelle, seguito da perline, doppi vibratori e vibratori esterni.
L’autrice principale dello studio, la dott.ssa Joana Sipe, ha affermato: “Poiché la presenza misurata di ftalati nel nostro piccolo campione supera il limite di esposizione per le stesse sostanze chimiche nei regolamenti della Consumer Product Safety Commission (CPSC) degli Stati Uniti nei giocattoli per bambini, indagini per stabilire se o meno gli scenari di rischio sono simili anche nel caso in cui i giocattoli sessuali siano prudenti per la tutela della salute pubblica”.
In un articolo sulla rivista Risk Analysis, la dottoressa Sipe e il suo team notano che la sensibilizzazione sui problemi di sicurezza relativi ai giocattoli sessuali è stata condotta da gruppi auto assemblati di consumatori e industriali, “potenzialmente a causa della natura socialmente tabù dei prodotti”.
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